La principale attrazione turistica della Mongolia è la natura. Per gli amanti del deserto il Gobi è uno spettacolo da non perdere. Secondo i nomadi all’interno di questa arida distesa (un terzo del suolo del paese) si trovano ben 32 tipi diversi di habitat e non a caso in mongolo esistono 32 parole diverse per dire deserto. Di una bellezza clamorosa sono i paesaggi della steppa. Immensi altipiani, dolci colline, avvallamenti, tutti profumati dall’odore delle erbe aromatiche e chiazzati da grandi macchie di colore. In giugno l’azzurro degli iris, in agosto l’argento delle stelle alpine, fino all'autunno il giallo e il bianco delle specie autoctone. I simboli della mongolia vengono dalla sua fauna: il cavallo e il cammello bactriano, quello con due gobbe, da non confondere con il dromedario (una sola gobba) che popola i deserti africani. Gli equini sono milioni e si trovano ovunque, dalle sabbie del Gobi alle vette dell’Altai. I nomadi li adorano e vivono con loro in uno stato di simbiosi. Ormai dotati di moto da cross e fuoristrada «4 per 4», non rinunciano alle interminabili cavalcate sotto il cielo più azzurro del pianeta. I mongoli vivono nelle gher, le confortevoli tende circolari di feltro che esistevano già ai tempi di Gengis Khan e che ora si sono arricchite di due nuovi elementi: l’antenna parabolica per captare le tv satellitari e i pannelli solari per fare funzionare televisori e lampadine. Le gher, quasi sempre di colore bianco, hanno una superficie di circa 30 metri quadrati e si posso montare e smontare in meno di un’ora. Fuori dalle città non ci sono alberghi e i viaggiatori dormono tutti nelle tende.
Caldo e freddo: il paese degli opposti Il clima della mongolia è caratterizzato da grandi escursioni termiche giornaliere e durante il corso dell’anno. Gli inverni sono rigidissimi e la temperatura può scendere sino a meno 55 gradi. In quel periodo i 4000 laghi della Mongolia e tutti i fiumi sono ghiacciati. Gli unici tre mesi relativamente caldi sono giugno (quello con le piogge minori e le temperature più alte), luglio e agosto, quando la temperatura media è di venti gradi, ma nel Gobi ci sono picchi sopra i 40. | Un paese di nomadi I pastori si spostano continuamente mentre i loro figli frequentano le scuole di città (se così si possono chiamare i piccoli capoluoghi di provincia), ospiti di grandi dormitori. Per quanto riguarda i bambini più piccoli, c’è, tra i nomadi, un’usanza curiosa: i maschi vengono vestiti da femmine e le femmine da maschi, per ingannare gli spiriti del male e le malattie. | La tradizione buddista Nel Seicento la Mongolia, un tempo dedita alla religione sciamanica (i cui riti e le cui superstizioni sopravvivono ancora) divenne, col Tibet, una delle grandi centrali del buddismo asiatico e un raro esempio di stato teocratico. Nei secoli furono costruiti più di 800 templi meravigliosi, distrutti dai sovietici (i veri padroni del paese tra il 1925 e il 1989): ora ne restano due, uno (Choijin Lama) a Ulaan Batoor, e uno (Gandan) a Karakorum. A fine Ottocento e inizio Novecento il paese fu in balia di russi e cinesi, fino alla rivoluzione rossa del '24 che ne fece un satellite dell'Urss. Dal 1990 è una democrazia indipendente. | Da Attila a Gengis Khan La Mongolia è una paese con una grande storia e, contrariamente a quanto molti credono, una grande cultura alle spalle. Da li sono partite le orde degli Unni che abbatterono l’impero romano (Anche se si dice che il loro condottiero, Attila, sia nato in Kazakistan) e che, a loro volta, fondarono un primo grande impero asiatico. A cavallo tra dodicesimo e tredicesimo secolo, Gengis Khan organizzò le tribù di pastori guerrieri sparse per il paese e creò uno dei più efficienti, sterminati e spietati eserciti della storia unificando le terre che vanno dalla Cina al Mediterraneo. |