Vado alle Mauritius: sbagliato. Vado a Mauritius: giusto. Al contrario di quanto credono in molti, Mauritius non è un gruppo di isole, ma un'isola sola, che insieme alla vicina, microbica, Rodriguez dà il nome a una piccola Repubblica, indipendente dal 1968. Grande poco più della metà della provincia di Parma, si trova nel bel mezzo dell'Oceano Indiano, a 800 chilometri dal Madagascar e vicinissima all'Ile de la Reunion. Insieme formano il trittico delle Isole della Vaniglia. La vaniglia è un'orchidea, che produce un fagiolo lungo e stretto, da cui si ricava la deliziosa spezia che dà profumo e sapore a yoghurt e gelati. E' un rampicante diffusissimo a Mauritius, patria di un'immensa varietà di fiori e di piante tropicali, con colori, profumi e nomi stordenti. C'è la Jakaranda, blu come il cobalto, il loto, candido come la neve, la canfora, che striscia lungo i tronchi delle piante come un serpente verde, il frangipane, tutto bianco con venature gialle; poi ci sono le file di terminalia che corrono lungo i bordi delle strade, come un tempo i platani nella nostra pianura e le colorano di arancione. Ci sono le ninfee giganti, le Victoria Regia, che verdeggiano sull'acqua con foglie grandi come ciambelle di salvataggio. Ci sono le palme talipot, che fioriscono una volta sola, dopo mezzo secolo di vita, e poi muoiono esalando un profumo dolce ed avvolgente. Ci sono le casaurine che stanno sulle spiagge per difendere il litorale dal vento. C'è, soprattutto, il Royal Botanical Garden, conosciuto da tutti come il Parco Botanico di Pamplemousses, creato nel 1735 dal governatore dell'isola Mahé de La Bourdonnais e arricchito da tutti i colonizzatori successivi. A Pamplemousses sono state raccolte quasi tutte le piante e i fiori che vivono nei climi tropicali. Ci sono alberi che arrivano dall'Australia, dall'Africa, dall'Amazzonia, dal Messico. Ci sono tutte le spezie del mondo: cannella, noce moscata, pepe e, in fila dietro di loro, ogni tipo di bacca dal sapore e dal profumo stuzzicante. Ci sono i baobab e gli alberi della gomma. Ogni genere di palma e di banano e, attaccati a testa in giù ai rami di mango, i pipistrelli giganti di Mauritius, che quando aprono le ali e si librano in cielo sembrano piccole aquile con il muso da topo. La varietà della natura è pareggiata dalla varietà delle etnie che compongono l'arcobaleno della popolazione e dalla ricchezza di linguaggi. Sensazionale per un'isola disabitata fino al diciassettesimo secolo. Poi sono arrivati gli olandesi, che per primi hanno popolato questo puntino in mezzo all'Oceano, battezzandolo col nome del loro principe: Maurizio di Nassau. Nel 1715, sbarcano i francesi, si impossessano della colonia e portano con sé gli schiavi africani per coltivare la canna da zucchero. Al declino della potenza napoleonica, l'isola passa agli inglesi, che aboliscono la schiavitù e, per proseguire nella coltivazione della canna, fanno arrivare migliaia di indiani. Nel tempo sono sbarcati cinesi, ebrei ed ogni sorta di avventurieri dall'Europa. Così oggi si trovano indiani (più di metà della popolazione) non di rado incrociati con cinesi o bianchi. Discendenti degli schiavi neri con sangue indiano o cinese e cinesi con sangue creolo o mulatto. Ognuno con la sua religione e la sua lingua. Quel che sorprende è che tutti vanno d'accordo tra loro. Non c'è razzismo, non ci sono contrasti. Non c'è lotta tra religioni. In uno stesso paesino si trovano un tempio Indù o Tamil, una moschea e la chiesa cattolica. Tanto che Mauritius è stata ribattezzata l'isola dell'armonia. E la lingua? Gli isolani parlano francese, scrivono in inglese (idioma ufficiale) e pensano in creolo, il dialetto che fonde tutti i linguaggi del posto. Ma ci sono angoli dove si sentono parlare l'hindi o il cinese o i dialetti di Sri Lanka. In tutto questo marasma c'è chi fa casa a sé: i franco-mauriziani. Discendenti dei primi colonizzatori, sono meno dell'un per cento della popolazione. Possedevano tutte le piantagioni e le fabbriche. Ora possiedono gli alberghi. Intraprendenti e creativi, attenti ai tempi, hanno saputo fare di Mauritius una delle tre nazioni più ricche dell'Africa. Hanno capito quando era ora di passare dallo zucchero al turismo, dalla vaniglia ai call-center (qui si parlano tutte le lingue), dal piccione al BlackBerry. Sono molto liberal, non sfruttano troppo il resto della popolazione, amano parlare il creolo, tendono a condividere il benessere più di quanto non si faccia in altri paesi emergenti. Sono rispettati e benvoluti. Ma, di regola, si sposano solo tra loro o con bianchi sudafricani ed europei. Hanno aperto le meravigliose residenze coloniali e i lussureggianti giardini botanici ai turisti, offrono tè e caffè ai visitatori; danno a tutti la possibilità di respirare l'aria coloniale di metà Ottocento, mostrando le belle foto ingiallite degli antenati, i servizi da tavola blu Cina, le racchette da volano, i mobili secondo impero. Nei loro giardini si cammina col «passo morbido». Il piede affonda dolcemente nell'erba ben rasata dei tropici, viene massaggiato, blandito. A Mauritius, quel tappeto verde, forte, annaffiato dagli immancabili acquazzoni quotidiani, trasforma ogni camminata in un piacere unico. Il piacere che blandisce i frequentatori della miriade di campi da golf che gli inglesi hanno seminato sull'isola. Ma ci siamo scordati di parlare del mare e del sole. E' vero: nell'isola ci sono il mare e il sole irripetibili dei tropici. Spiagge bianche interminabili, la barriera corallina, pesci colorati, tramonti da cartolina. Tutto quello che fa la gioia di ogni turista sedentario. Ma la vera ricchezza di Mauritius sta nell'arcobaleno della sua gente e nel fulgore della natura. Nel profumo della vaniglia, nella delicatezza del frangipane. Nella preghiera di una donna Indù. (di Luigi Alfieri - da Gazzetta di Parma del 17 novembre 2010) | Alberghi da sogno tra lagune e collineIl potere economico, nell'Isola di Mauritius, è da sempre detenuto dagli eredi dei primi coloni francesi, imprenditori abili e illuminati. Quando hanno capito che la canna da zucchero (90 per cento di tutte le coltivazioni locali) non rendeva più come un tempo, si sono riconvertiti come imprenditori del turismo. Le loro tenute, i domaine, sono state messe a disposizione della nuova attività; specialmente quelle con sbocchi sul mare. Ne sono nati complessi di straordinario livello, per eleganza ed efficienza. Nel sud del Paese si distingue il «Domaine de Bel Ombre» (www.domainedebelombre.mu), 2500 ettari di terreno che si allungano tra la laguna blu e le prime montagne. Ospita un campo da golf, un parco naturale popolato da cervi e scimmie, più l'Heritage Awali e il minuscolo, raffinatissimo, Telfair Resort and Spa e le Chateaux de Bel Ombre restaurant. Più a Est, anch'esso adagiato su una laguna blu, sorge il Domaine Le Saint Geran, con il resort della catena One&Only. (http://lesaintgeran.oneandonlyresorts.com oppure www.oneandonlylesaintgeran.com). Un tempio della grande cucina. Spiccano il ristorante «Spoon des Iles», creato dal celebre cuoco francese Alain Ducasse e il «Rasoi by Vineet, creato da Vineet Bhatia, un indiano con due stelle Michelin. Un altro grande Domaine, ospita il «Four seasons resort Mauritius at Anahita» (www.anahita.mu). Ne fanno parte anche un campo da golf, disegnato dal campione Ernie Els, e una Spa da sogno. L'Anahita resort comprende anche ville e appartamenti con cuoco e maggiordomo privato. Si possono affittare ma anche comprare. L'isola è visitabile tutto l'anno ma il periodo migliore va da metà novembre ad inizio aprile. Per maggiori informazioni si può consultare il sito dell'Ente del Turismo dell'Isola di Mauritius (www.mauritius-turismo.com). |
0 Comments
Leave a Reply. |
Luigi AlfieriGiornalista. Scrittore. Giramondo. Categories
All
Archives
November 2013
|