A quaranta chilometri di distanza si vede una colonna di fumo leggero che sale verso il cielo di porcellana azzurra. Poi, molto più avanti, comincia a sentirsi un leggero ronzio. Qualche minuto e il ronzio si fa rumore. Poi il rumore diventa un rombo insostenibile, un baccano che martella le orecchie senza pietà e fa perdere il senso del tempo e dello spazio. Da tutte le parti arriva una pioggia fine e sottile che riga il volto e penetra i vestiti. All'improvviso, «Mosi-Oa- Tunya» è lì, immensa davanti agli occhi stupefatti. «Mosi-Oa-Tunya», il «Fumo che tuona», le Cascate Vittoria. Un muro d'acqua lungo un chilometro e mezzo e alto 128 metri. Una fila di cataratte che parte dallo Zimbabwe, varca il confine e termina in un'altra nazione, lo Zambia. Uno degli spettacoli che la natura ha creato per ricordare all'uomo la sua potenza. La sua capacità di passare dal ruolo di amica pacifica e tranquillizzante, come è l'acqua del fiume Zambesi pochi metri prima del folle volo, a quello di spaventoso mostro tonante, generatore di una pioggia eterna e inestinguibile, che cade su tutte le cose: la terra, le piante, gli animali, gli uomini che arrivano a migliaia da tutto il mondo per sentire la voce di «Mosi-Oa-Tunya». E' uno spettacolo incredibile: da una parte le navi da crociera fluviale col fondo piatto, scivolano lisce tra decine di isolette su una superficie che sembra priva di corrente e di forza, incrociano ippopotami ed elefanti al bagno, fendono canne e papiri in un ambiente idillico. Poco sotto, l'inferno, ingentilito dal perenne arcobaleno, a volte doppio, che scavalca le cascate. I raggi del sole tropicale, passando attraverso il vapore freddo che sale dal grande salto, dipingono l'aria di violetto, di indaco, di arancio. Un tocco di grazia nel pieno del marasma. Il primo bianco a vedere «Mosi-Oa-Tunya», è stato uno scozzese, l'insuperato esploratore David Livingstone. Era il 1855. La prima cosa che fece fu cambiare il nome del «Fumo che tuona», usato dagli indigeni, in «Victoria Falls», le cascate Vittoria. Voleva onorare la regina più amata della lunga storia britannica, legarlo a qualcosa che uguagliasse in grandezza la potenza dell'impero. Una meraviglia della natura che restò pressoché sconosciuta agli occhi europei fino a che Cecil Rhodes, il multimiliardario (in sterline) inglese che voleva costruire una ferrovia capace di unire Città del Capo con Il Cairo, costruì un ponte ferroviario sullo Zambesi pochi passi a valle delle cascate. Il ponte è considerato ancor oggi una delle meraviglie dell'Africa Australe e ha creato la fortuna di «Mosi-Oa-Tunya». Dall'anno della sua inaugurazione, il 1905, la cascata è diventata una delle maggiori attrazioni turistiche del mondo. Si calcola che arrivino nella stretta gola di basalto che genera il salto circa 300mila persone ogni anno. Quasi tutte si infilano sul manufatto d'acciaio per vedere dall'alto la «Boiling pot», la Pentola ribollente formata dal fiume dopo la caduta. Alcuni, pochi a dire il vero, esagerano e si buttano dal ponte con gli elastici legati ai piedi per il «bungee jump». E' un volo nel vuoto di 111 metri. Adrenalina pura. Le cascate sono il regno degli sport estremi: dal bridge swing (ci si lancia lungo un filo con una specie di carrucola a velocità pazzesche), al più lento bridge slide, per finire al rafting tra le acque ribollenti dello Zambesi. Per molti «Mosi-Oa-Tunya» è solo il punto di partenza di mitici viaggi in Botswana, Sud Africa, Zambia o Namibia. La stazione iniziale di un piacevole «safari» nel continente nero. In realtà nel parco nazionale che si estende sull'altipiano sviluppato lungo il corso dello Zambesi si trovano tutti gli animali ricercati dai cacciatori con la Nikon al collo: leoni, leopardi, elefanti, ippopotami, bufali, giraffe, cudù, antilopi d'acqua, antilopi equine, coccodrilli, babbuini e cercopitechi, più un'infinita varietà di uccelli che popolano la foresta pluviale e la savana. Spettacolari le distese di mopane e le silhouette dei baobab. Ovunque si trovano attrezzate Land Cruiser pronte a scattare per un safari fotografico. Con un po' di fortuna il sogno di vedere un leone in caccia di antilopi tra i cespugli del bush, può diventare realtà, mentre ammirare le giraffe aggirarsi eleganti ai piedi di un'acacia o le zebre muoversi nella loro divisa bianconera in cerca d'acqua nell'altipiano basaltico è una certezza. E' sufficiente avere visitato le cascate e il loro parco per potere dire di avere conosciuto l'Africa Australe, di averne sentito i profumi, gustato i colori, respirato la polvere rossa che sale dalle strade sterrate. (di Luigi Alfieri - da Gazzetta di Parma del 19 settembre 2012) | NOTIZIE UTILIIl luogo Le cascate Vittoria si trovano al confine tra Zambia e Zimbabwe a poca distanza dal Botswana. Sono considerate il punto di partenza per i «safari» in Africa Australe. Il viaggio Tra gli operatori turistici italiani più attivi nell'area si segnala Scirocco Tours (www.sciroccotours.it), specializzato in viaggi cuciti a misura sul cliente in base alle varie esigenze di durata e di spesa. Generalmente alle cascate si uniscono tour in Botswana, Sud Africa, Zambia, Namibia e Mozambico. Scirocco Tours è però attivo anche in Tanzania, Kenya, Uganda, Etiopia, Madagascar, Malawi ed altri paesi africani oltre che in India, nel continente asiatico. Dove alloggiare Tra i resort che si trovano attorno alle cascate si segnala lo Stanley and Livingstone at Victoria Falls (www.stanleyandlivingstone.com), in Zimbabwe una struttura nel più classico stile safari. Il Lodge si affaccia su un'ampia riserva in cui è possibile praticare game drive in su un terreno ricco di alberi di mopane. |
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Luigi AlfieriGiornalista. Scrittore. Giramondo. Categories
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November 2013
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