C'è qualcosa di surreale nell'altipiano della Bolivia. Sei coi piedi per terra ma sopra le nuvole. Come sospeso a mezz'aria. Davanti agli occhi si stende una pianura infinita che ti fa credere di essere a livello del mare eppure una dolce magia ti mette in guardia dalle illusioni ottiche. Sarà l'aria rarefatta che rende affannoso il respiro, sarà la forza con cui la luce circonda e colpisce ogni cosa, saranno i colori dell'erba e dei cespugli più vivi e più forti che altrove, ma qualcosa ti suggerisce che siamo sui quattromila metri, all'altezza delle immacolate cime alpine. All'altezza delle vette del Bianco e del Cervino. E tutto, intorno, sembra un sogno. La Land Cruiser avanza nella piana deserta, sollevando nuvole di polvere e profumo di menta selvatica. Come in una stampa giapponese, lentamente, spunta all'orizzonte la sagoma triangolare di un vulcano con la cima ricamata di neve. E' il Licancabur. Bello e solenne come un dio, si lancia verso il cielo cobalto fino a raggiungere l'altezza di 5920 metri. Ai suoi piedi una delle meraviglie naturali della terra: la «Laguna Verde». Un bacino che l'arsenico e il rame rendono di un colore che fa invidia allo smeraldo e al citrino. Siamo nel cuore del parco «Eduardo Avaroa», all'estremo angolo sud-ovest della Bolivia, dove si incrociano i confini con il Cile e l'Argentina, dove nello scorrere dei milioni di anni la natura ha creato alcuni dei suoi più straordinari capolavori. Come la «Laguna Colorada», una distesa d'acqua di sessanta chilometri quadrati profonda 45 centimetri, che osa lanciare un'ardita interminabile sfida all'arcobaleno. Nelle giornate invernali di luce piena, mentre migliaia di fenicotteri camminano, volano e saltellano nel fango, la «dunaliella salina», una microalga invisibile e miracolosa, con la complicità dei raggi del sole, colora l'acqua di rosso, di indaco, di arancio, e di violetto. Intanto le vette andine si specchiano nella laguna aggiungendo macchie di bianco e di oro. Il cielo regala riflessi celesti e l'occhio si perde smarrito, come in un caleidoscopio impossibile. L'immenso Avaroa contiene gioielli di ogni tipo: una decina di altre lagune dai colori cangianti, vulcani e vette andine che superano i seimila metri, acque termali in cui bagnarsi al calduccio mentre fuori fischia un vento gelido e traditore, piccoli deserti di sale, paludi colorate di rosa da stormi infiniti di flamingos. Salendo a cinquemila metri si incontra una bolgia dantesca con nuvole di fumo che sprizzano fischiando dal cuore della terra, piccoli crateri ribollenti di fango, getti di lava che si levano verso il cielo, pozze di acqua ustionante, zaffate di zolfo che impestano l'aria frustando le narici, pozzi ricolmi di liquidi inquieti color verderame. Siamo ai fumaroles di «Sol de Mañana» che rivaleggiano in potenza e suggestione coi geyser islandesi. Per vedere il più colossale spettacolo naturale dell'altipiano andino, bisogna abbandonare il Parco e spingere i fuoristrada verso nord per qualche ora. Non è tempo sprecato. Viaggiando verso la meta, si attraversano deserti bianchi, passi con viste mozzafiato, paludi punteggiate da fenicotteri, lama, alpaca e vigogne, boschi di cactus fantasmatici, vulcani spenti, eserciti di pietra, rocce a forma di condor e di leone, sempre accompagnati da un cielo color blu di Cina, dove le poche nuvole corrono randage. Sempre immersi in una luce troppo trasparente per essere vera. Alla fine della corsa, dall'alto, all'ora in cui muore il sole, spunta il «Salar de Uyuni», il re delle Ande. Un deserto nato da un lago preistorico. Una distesa di sale, bianco come la neve, lunga centocinquanta chilometri, larga altrettanti e profonda dagli ottanta ai duecentoventi metri. Visto dai monti che lo circondano con dolcezza, sembra un grande ghiacciaio, rosa nella luce dell'alba e del tramonto, bianco di primo mattino, d'acciaio nell'incendio del meriggio. La grande emozione si prova entrandoci. E' un bagno di luce. Quella, già poderosa, del sole andino, siamo a 3650 metri sul livello del mare, viene moltiplicata dal riflesso del sale, mentre la trasparenza dell'aria amplifica la forza dei raggi. L'orizzonte è un'arco bianco lontano, quasi irraggiungibile. Si cammina sul ghiaccio caldo. Ci si illumina di immenso. Di tanto in tanto spuntano gli occhi del Salar, polle d'acqua tiepida, che sgorga dal cuore del deserto: sono belle come fiori cannibali, chi ci cade dentro finisce risucchiato come nelle sabbie mobili, come gli insetti nelle corolle di certe piante tropicali. In mezzo al deserto più alto del mondo, simili a miraggi, spuntano alcune piccole isole. Quella di Incahuasi ospita una foresta di cactus che si stagliano nell'aria blu eterei come fantasmi. Alcuni sono alti nove metri e hanno mille anni di vita. Dall'isola-oasi un tempo abitata dagli Incas si scorgono lontane le vette della cordigliera. E dietro c'è l'infinito. Centinaia di chilometri più a nord, il lago Titicaca se ne sta disteso in un mondo rovesciato: il grande mare d'acqua dolce è lo specchio del cielo, la superficie è turchina, e le nuvole bianche vi corrono sopra gareggiando in velocità con le barche. (Di Luigi Alfieri - da Gazzetta di Parma del 12 settembre 2012) | Non solo natura: ci sono anche splendide città colonialiLa Bolivia si trova in Sud America: racchiusa tra Argentina, Cile, Brasile, Perù e Paraguay non ha sbocchi sul mare. E' grande tre volte l'Italia e ha solo 6 milioni di abitanti. Un terzo del suo territorio si trova sull'altipiano andino a quote proibitive per gli europei. Spesso supera i quattromila metri. Questa vasta area, spesso ignorata dal turismo internazionale, racchiude alcuni dei più grandi tesori naturalistici del pianeta. Ospita uno dei più alti deserti del mondo, il Salar de Uyuni (3650metri s.l.m.), la Cordigliera delle Ande, il lago Titicaca, numerosi vulcani, attivi e spenti, geyser, e, soprattutto, le lagune. Piccoli laghi di alta quota, a volte profondi pochi centimetri, dalle colorazioni straordinarie e popolati di colonie di fenicotteri di almeno quattro specie diverse. Per visitare la Bolivia bisogna tenere conto che si tratta di un paese dotato di favolose ricchezze naturali, ma ancora molto povero. Con poche strade e con un corredo di alberghi e strutture recettive piuttosto scarso. Se non si è viaggiatori esperti, è consigliabile evitare il turismo fai-da-te. Tra i tour operator italiani che hanno esperienza nel paese si segnala «Tour 2000» (www.tour2000.it, telefono 011-5172748 o 071-2803752. Digitare «Tour2000 Bolivia» su Google). Accanto alle bellezze naturali, la Bolivia offre il suo vasto patrimonio di città coloniali tra cui spiccano Potosì, La Paz e Sucre e i viaggi organizzati contemplano anche un tuffo nel passato «spagnolo» del Paese. L'altitudine è uno dei problemi che possono incontrare i viaggiatori nel paese sudamericano. Sull'altipiano l'aria è rarefatta e l'ossigeno scarso, quindi è sconsigliabile la permanenza a chi accusa problemi respiratori. Anche chi soffre di pressione molto alta può incontrare problemi. Una curiosità: per ovviare agli inconvenienti causati dall'altitudine, i locali usano masticare foglie di coca. Ai turisti vengono offerti anche infusi (mate) e caramelle a base di questa «pianta magica». Le caramelle fanno l'effetto degli spinaci di Braccio di Ferro. |
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Luigi AlfieriGiornalista. Scrittore. Giramondo. Categories
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November 2013
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