I tartari, guerrieri mongoli sulle cui spade Gengis Khan ha costruito il proprio impero, sono arrivati qui nel tredicesimo secolo, hanno importato la religione di Maometto e hanno fondato un grande stato, l'«Orda d'oro», che in pochi anni si è frantumato in cento briciole. La città simbolo dell'«Orda d'oro» è la mitica Kazan, che nel 2005 festeggerà i mille anni di vita. Per molto tempo, Kazan è stata la bella addormentata sul Volga, ma ora, in occasione del grande giubileo, vuole rivelarsi al mondo in tutta la sua bellezza, che è quella tipica di tutte le città di frontiera, dei centri che hanno saputo essere crocevia di razze e di storia. Multietnica, colta, elegante, un vero crogiolo di stili achitettonici e di tendenze artistiche. E, soprattutto, un faro per chi vuole fare della tolleranza religiosa un punto di approdo.
E' un risultato, quello della convivenza tra le fedi, conquistato attraverso il sangue e il dolore, un risultato imposto dalle dure lezioni della storia, che hanno dimostrato come le violenze e i soprusi non pagano i popoli. E di violenze e soprusi Kazan, nella sua vita millenaria, ne ha vissute di tremendi. A cominciare da quando Ivan il Terribile, lungo il percorso di trasformazione del granducato di Mosca in impero russo, iniziò la conquista dei territori Tartari. Nel 1552, dopo un lungo assedio, la musulmana Kazan cadde nelle mani delle truppe cristiane di Mosca. Il sangue corse a fiumi, la maggior parte della popolazione fu sterminata: l'etnia tartara si salvò perché Ivan, per conquistare la città, si servì di migliaia di guerrieri rinnegati di discendenza mongola.
Per secoli musulmani e ortodossi si scontrarono senza risparmio di violenze di ogni genere, fino a che lungo il Volga arrivò la grande livella: il comunismo. A partire dal 1929, moschee, chiese, conventi e sinagoghe furono chiuse e trasformate in magazzini, circoli ricreativi, stalle. La pratica religiosa proibita, i sacerdoti di tutte le fedi perseguitati: regnava l'ordine di Josif Visarionovic Dzugasvili, in arte Stalin. Una forma di ordine che non prevedeva né fede né pietà.