In basso scivola placido il Tamigi con i suoi cigni e con i suoi canottieri madidi di sudore, che vogano a gruppi di quattro e di otto aprendo striscie sottili nella corrente. In alto rosseggia la storia, tutta comignoli e mattoni in cotto. La storia si chiama Hampton Court: un palazzo, una reggia, ma anche un libro aperto che racconta il mondo di Enrico III e della sua famiglia, i Tudor, la loro idea del potere, la loro prepotenza, la loro mancanza di riguardo verso tutto e verso tutti, amici o nemici non importa, la loro concezione dell'architettura e del piacere. Fu Thomas Wolsey a scegliere questa collinetta con vista sul fiume nel sobborgo londinese di Richmond upon the Thames per costruire il suo palazzo di campagna. Wolsey era arcivescovo di York, cardinale di Santa romana chiesa, braccio destro del re Enrico VIII, suo primo consigliere e di fatto capo di tutta la macchina statale. Commise un primo errore: costruire un edificio più grande, più bello e più prestigioso di qualsiasi residenza reale. Poi ne commise un secondo: appoggiare con poco calore presso il papa Clemente VII Medici l'istanza di scioglimento del matrimonio tra il suo sovrano e Caterina d'Aragona. Troppo.Per uno come il re, capace di sposare sei donne e di farne decapitare due, Wolsey era cresciuto troppo. Il cardinale capì (in ritardo) l'errore commesso e donò al sovrano il palazzo di Hampton. Inutile. Per lui era già pronto un bel processino per alto tradimento, a cui lo sottrasse solo la morte prematura. Del resto, che Enrico avesse un carattere particolare lo dimostra il fatto che dopo il rifiuto di Clemente allo scioglimento del matrimonio consumò la scissione con Roma e fondò la Chiesa anglicana, con a capo il re d'Inghilterra. Cioè lui. Colto e raffinato, il re fece della reggia di Richmond, il manifesto dell'architettura Tudor, che ha influenzato per secoli la cultura edificatoria anglosassone. Mattoni rossi, camini e comignoli senza risparmio, geometrie rinascimentali con ricchi giardini. Uno spicchio di stile fiorentino a due passi da Londra. Per capire le manie di grandezza del personaggio, basta visitare le cucine, le più grandi tra quelle rinascimentali conservate in Europa. Ad ogni pasto, in un ambiente rimasto intatto sino ad oggi, si potevano produrre «viveri» per 1200 persone. Tante arrivava a contarne la corte del re, che nel palazzo ci restava al massimo tre settimane l'anno. L'autocrate esigeva che quotidianamente finissero nei piatti 6 buoi, quaranta pecore e un migliaio di fagiani. Le cantine ospitavano 300 gigantesche botti di birra e 300 di vino, importato direttamente dal continente. Tutto è conservato come ai tempi del «sovrano dalle 6 mogli»: stanza per stanza, gli audiovisivi mostrano ricette e metodi di lavorazione di allora. Tutto di una raffinatezza sorprendente. Bisogna dire che, nei secoli, mentre l'impero avanzava, la cucina inglese ha fatto dei grandi passi indietro. Nel '500 il cibo inglese era molto meglio di quello di oggi. La parte Tudor di Hampton (i sovrani successivi, dagli Stuart in avanti, fino a Giorgio I, l'ultimo a frequentarlo, hanno realizzato numerosi ampliamenti) è in linea con cucine e cantine: tutto è titanico per dimostrare la grandezza di un sovrano che sfidava senza paura i monarchi francesi e che ebbe la forza di dividere in due il mondo cristiano. I camini, le sale, le scale, le fontane, le insegne araldiche, tutto è scritto in lettere maiuscole. Il castello offre diverse attrazioni successive al periodo di splendore tudoriano (la famiglia si estinse con la morte di Elisabetta I, nel 1603) e ospita anche il campo da tennis, dei primi del '600, il più antico del mondo tra quelli ancora esistenti. Per i parmigiani è di grande interesse la quadreria. Le stanze della reggia ospitano un affascinante «Ritratto di Giovane» del Parmigianino e la «Sacra famiglia con San Girolamo» del Correggio. Ma il fiore all'occhiello del palazzo è «Il trionfo di Cesare in Gallia» di Andrea Mantegna, un ciclo di nove tele che rientra tra i maggiori capolavori dell'arte di tutti i tempi. Vale il viaggio da solo. Come vale il viaggio da solo lo stupendo labirinto di siepe di bosso aforma di trapezio, di fine Seicento, che costeggia il palazzo. Meglio visitarlo di giorno. Dicono che di notte sia frequentato dai fantasmi di Enrico VIII, di Anna Bolena e Caterina Howard, le due mogli che il re ha fatto decapitare. Tre anime in pena sospese tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Molto british. (di Luigi Alfieri - da Gazzetta di Parma del 18 luglio 2012) | NOTIZIE UTILI Come raggiungere Hampton Court: La reggia, che si trova nel quartiere di Richmond upon Thames, pochi chilometri a Sud-Ovest di Londra può essere raggiunta in treno, o, molto meglio, in battello, partendo dal centro della capitale. Tutte le informazioni sul sito dei Trasporti di Londra (http://www.tfl.gov.uk/) Manifestazioni: Nel corso dell'anno nella reggia si tengono diverse manifestazioni di grande interesse. Due spiccano su tutte l'«Hampton Court Palace Flower Show», una mostra di fiori che si tiene ogni anno in luglio, e «Hampton Court Palace Festival» che ospita, ogni anno in giugno, i più grandi artisti del mondo della musica. Per informazioni: http://www.hrp.org.uk/Hamptoncourtpalace La curiosità: All'interno degli immensi giardini, protetta da una vetrata, si trova la vite più grande del mondo: lo testimonia la targa che la inserisce nei Guinness dei primati. La barbatella che la originò fu piantata nel 1768. Il vigneto continua a produrre uva nera che ogni fine estate viene venduta ai visitatori presso il negozio del palazzo. |
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Luigi AlfieriGiornalista. Scrittore. Giramondo. Categories
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November 2013
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