Per un parmigiano la sensazione è strana: a mille chilometri dalla sua città respira un'avvolgente aria di casa. Camminare per Tolosa è come andare su e giù da via Cavour. Sono così lontane e così vicine le due piccole capitali. Anche qui, ai piedi dei Pirenei, il paesaggio è rosa; le case e i monumenti sono costruiti coi mattoni. Le chiese - Saint Sernin e il convento dei Giacobini - hanno il colore della nostra Annunciata e di San Francesco. I palazzi emanano quel calore, tanto parmigiano, che solo la terra cotta può dare. Anche qui c'è una grande università e frotte di ragazzi vocianti, al vespro, invadono le strade del centro. Anche qui c'è il gusto di fare le ore piccole e la «movida toulousaine» è la più famosa di Francia. Anche qui c'è un prestigioso teatro, che ospita una delle migliori orchestre europee. E anche qui il rugby (come è accaduto da noi prima dell'arrivo di Nevio Scala) è lo sport numero uno. Tutti pazzi per la pallovale a Tolosa. Ma quello che più avvicina la capitale del Midi Pyrénées alla nostra città è un profumo: quello della violetta di Parma. Questo fiore, nato nel Settecento nei nostri antichi orti botanici, all'inizio dell'Ottocento è sbarcato sulle rive della Garonna. E negli anni è diventato il simbolo della città. Addirittura, la devozione che i «cugini» francesi gli riservano è superiore alla nostra. A Tolosa attorno alla violetta dolce e delicata è cresciuto un robusto giro di affari. All'inizio del secolo passato, agricoltori dotati di volontà e coraggio hanno cominciato a coltivarla, trasformando una zona arida e sterile a nord della città in un giardino. Nel 1907 fu fondata la prima cooperativa per la produzione di liquori, dolciumi e profumi a base di «violetta di Parma di Tolosa». Girando per le vie del centro, le vetrine delle pasticcerie sono piene di bon-bon di ogni sorta - dal confit al gateau - ispirati a lei, e il fiore più amato decora anche pizzi, vasi, maioliche, gioielli, tessuti, così come riempie cestini di pout-pourri. Addirittura, lungo la Garonna, Hélène Vié, la regina della viola, ha attrezzato una chiatta (qui la chiamano péniche) tutta dedicata ai mille modi di «cucinare» il prodotto. Tolosa ha tante altre gioie da offrire al turista. I suoi 150 giardini per esempio. I francesi la chiamano «la città rosa che ama il verde». E non sbagliano. Ad ogni angolo il turista trova una panchina per ristorare il corpo affaticato e attorno alla panchina erba e piante. La capitale del Midi ha anche il più bel municipio (quanto suona meglio Hôtel de ville) di Francia, con tre avancorpi che emergono da una facciata di 128 metri. Un'altra gemma è «rue du Taur» fiancheggiata di dolci palazzi color salmone e colma di artisti di strada. Giocolieri, cantanti, mangiafuoco, statue viventi. Qui «si fa vasca»: si guarda e si è guardati, si beve un panaché, si ammira il «clocher-mur», il campanile di Notre-Dame-du Taur. E alla domenica c'è il mercato delle pulci. Da non perdere i palazzi dei «pasteliers» , i mercanti e banchieri che nel Cinquecento avevano scoperto il «pastel» una speciale tintura blu, venduta nelle Fiandre, in Inghilterra e in Scozia, che li fece tutti ancor più ricchi. Una miniera d'oro da cui estrassero il denaro per iniziare una sfrenata gara a chi costruiva la casa più grande nell'area che si stende tra place du Capitole e la riva destra del fiume. Da questa competizione nacquero una cinquantina di hôtel. Ognuno con la sua torre, quasi tutti muniti di loggia. Tolosa offre anche le chiese color aragosta della Vielle Ville, le sette meravigliose arcate del Pont Neuf, le prospettive incantate di Place Wilson, incorniciata da bar e ristoranti e, per finire, le sue venti fontane. Per gli amanti della modernità, c'è la «Cité de l'espace», un immenso centro espositivo dedicato alla conquista dei cieli che ospita, tra le altre chicche, la navicella spaziale russa Mir. Essendo in qualche modo gemella con Parma, la capitale del Midi Pyrénées non può che sciorinare una grande tradizione gastronomica. I ristoranti stellati sono tanti, ma il vanto locale, il cassoulet (salsiccia, ginocchio di maiale, cotenna, anatra e fagioli) si trova in tutte le osterie. (da Gazzetta di Parma del 25 febbraio 2004) | Due città unite da un fiore: La violetta di Parma di Tolosa. Sì, la chiamano così, la nostra violetta, nella capitale del Midi Pyrénées. Di Parma di Tolosa. Un piccolo furto. In realtà il nome è «violetta di Parma» e basta. E se il nome è conosciuto il suo aspetto e la sua storia sono ignoti a molti. Pochi sanno che essa deriva dalla «viola odorata» o «viola mammola», introdotta a Parma dai Borbone nel Settecento. In seguito a incroci con varietà provenienti dalla Turchia, dalla «mammola» si è ottenuta la viola di Parma, che è più profumata della progenitrice, ha grandi fiori doppi, petali malva chiaro. Essa deve la sua fama alla duchessa Maria Luigia d'Austria che stravedeva per lei fin dai tempi in cui era ancora moglie dell'imperatore Napoleone. Un secondo momento di gloria la violetta lo visse grazie a un geniale profumiere di Parma, Lodovico Borsari, che a fine Ottocento creò il celebre profumo «violetta di Parma» subito rinomato in tutto il mondo. Un classico. Da allora la nostra città non ha più inventato nulla che le permettesse di sfruttare il suo simbolo in modo adeguato. Cosa che hanno saputo fare benissimo all'ombra dei Pirenei, creando prodotti di tutti i tipi. Ma come è arrivata a Tolosa la violetta? Da quelle parti gira una leggenda, che pochi credono vera ma tutti amano ricordare. Un soldato dell'esercito napoleonico, originario del paese di Saint-Jory, alla periferia di Tolosa, durante la campagna in Italia, passando in terra d'Emila, avrebbe scoperto una violetta di bellezza e profumo seducenti. Innamorato di una graziosa giardiniera del suo villaggio, mandò un po' di piante alla sua bella. Lei le piantò davanti alla sua casa e da lì le violette di Parma si diffusero nel circondario. All'inizio del Novecento, qualche anno dopo la creazione di Borsari, il fiore di casa nostra cominciò a essere sfruttato commercialmente anche a Tolosa. Molte viole venivano esportate, fresche, verso i negozi inglesi, altre venivano impiegate per creare gli aromi di bon-bon, liquori, profumi. Col tempo la materia prima ha cambiato nome: prima violetta di Parma di Tolosa, poi, in tempi recenti, violetta di Tolosa tout-court. Il che è un po' troppo. Oggi il fiore è il simbolo della città. E' nata anche una confraternita di amici della violetta. Decine di laboratori e negozi vivono su questo nome. Viene da chiedersi perché anche a Parma, eccezion fatta per Borsari, nessuno sfrutta la violetta. |
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Luigi AlfieriGiornalista. Scrittore. Giramondo. Categories
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November 2013
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