(Di Chiara De Carli)
Galleggiando sul petrolio si può comprare praticamente tutto. Non solo accessori di lusso: anche il grattacielo più alto, l'acquario più grande, piste da sci da utilizzare anche quando ci sono 50 gradi e persino un posto di primo piano nel panorama culturale mondiale. Lo dimostrano gli Emirati Arabi, unione di sette Paesi nata dalla visione dello sceicco Zayed bin Sultan Al Nahyan. Meta gettonatissima dai turisti di tutto il mondo, dalle grandi multinazionali e dagli architetti più innovativi, che qui hanno carta bianca per realizzare le strutture più ardite del pianeta, gli Emirati sono la più reale delle illusioni dove i desideri diventano realtà (per chi ha un conto corrente ben consistente).
Abu Dhabi, la capitale, e Dubai sono le città simbolo di come grazie all'oro nero possano vedere la luce i progetti più ambiziosi. Due oasi di lusso in un deserto di sabbia in movimento sorte dal nulla in meno di vent'anni. Tutto artificiale, tutto perfetto. Anche l'acqua che scorre dai rubinetti è totalmente distillata. Due città in corsa verso due appuntamenti che ne dovrebbero, almeno sulla carta, decretare il raggiungimento del tetto del mondo.
Aggiudicarsi l'<Expo 2020> è l'obiettivo di Dubai. E così sono in costruzione le isole artificiali di Deira e Jebel Ali, un nuovo aeroporto, un sistema di trasporto urbano che permetta il movimento di centinaia di migliaia di persone al giorno. Tutto ordinato, tutto accogliente. Dubai è la città dei turisti e dei cittadini del mondo ed il suo sviluppo va nella direzione di esaltare questa sua caratteristica. Oggi dei suoi due milioni di abitanti, circa il 90% sono <expats>, immigrati. Tutti sorridenti, tutti con un impiego.
Gli Emirati offrono lavoro, benessere, servizi all'avanguardia, tolleranza e un buon clima, in cambio chiedono il rispetto assoluto delle regole. Tutti videosorvegliati, tutti in riga. Il Grande Fratello vi guarda. Chi sgarra è fuori in meno di tre ore, emiratino o immigrato che sia, e non torna mai più. Il risultato è <delinquenza zero> in tutti i sette emirati, dal più modesto al più ricco, e una sensazione di sicurezza nelle case e sulle strade a qualsiasi ora del giorno e della notte. Un punto in più, questo, con cui si presentano al mondo. Ma la tranquillità non basta: bisogna stupire.
Essere la <Città del futuro> è l'obiettivo dell'ambizioso progetto <Abu Dhabi 2030>. Una scadenza che la città si è data per diventare la prima capitale sostenibile del pianeta ma che comprende anche la realizzazione di una nuova skyline per la città e l'arrivo di due musei di importanza mondiale: il Louvre e il Guggenheim progettati, per la capitale degli Emirati, rispettivamente da Jean Nouvel e Frank Gehry. Un'iniezione d'arte dal costo di svariate centinaia di milioni: qui o si ha il massimo o niente. La Gioconda? Arriva. La Ferrari? Già in mostra in uno showroom secondo solo a quello di Maranello. La storia delle tribù locali non è abbastanza interessante? La tradizione della falconeria e delle corse dei cammelli non sono sufficientemente attraenti per chi investe? Poco male: con il petrolio si importano le eccellenze e la cultura altrui.
O si prendono anche solo in prestito, pronti a sostituirle se passano di moda.
Galleggiando sul petrolio si può comprare praticamente tutto. Non solo accessori di lusso: anche il grattacielo più alto, l'acquario più grande, piste da sci da utilizzare anche quando ci sono 50 gradi e persino un posto di primo piano nel panorama culturale mondiale. Lo dimostrano gli Emirati Arabi, unione di sette Paesi nata dalla visione dello sceicco Zayed bin Sultan Al Nahyan. Meta gettonatissima dai turisti di tutto il mondo, dalle grandi multinazionali e dagli architetti più innovativi, che qui hanno carta bianca per realizzare le strutture più ardite del pianeta, gli Emirati sono la più reale delle illusioni dove i desideri diventano realtà (per chi ha un conto corrente ben consistente).
Abu Dhabi, la capitale, e Dubai sono le città simbolo di come grazie all'oro nero possano vedere la luce i progetti più ambiziosi. Due oasi di lusso in un deserto di sabbia in movimento sorte dal nulla in meno di vent'anni. Tutto artificiale, tutto perfetto. Anche l'acqua che scorre dai rubinetti è totalmente distillata. Due città in corsa verso due appuntamenti che ne dovrebbero, almeno sulla carta, decretare il raggiungimento del tetto del mondo.
Aggiudicarsi l'<Expo 2020> è l'obiettivo di Dubai. E così sono in costruzione le isole artificiali di Deira e Jebel Ali, un nuovo aeroporto, un sistema di trasporto urbano che permetta il movimento di centinaia di migliaia di persone al giorno. Tutto ordinato, tutto accogliente. Dubai è la città dei turisti e dei cittadini del mondo ed il suo sviluppo va nella direzione di esaltare questa sua caratteristica. Oggi dei suoi due milioni di abitanti, circa il 90% sono <expats>, immigrati. Tutti sorridenti, tutti con un impiego.
Gli Emirati offrono lavoro, benessere, servizi all'avanguardia, tolleranza e un buon clima, in cambio chiedono il rispetto assoluto delle regole. Tutti videosorvegliati, tutti in riga. Il Grande Fratello vi guarda. Chi sgarra è fuori in meno di tre ore, emiratino o immigrato che sia, e non torna mai più. Il risultato è <delinquenza zero> in tutti i sette emirati, dal più modesto al più ricco, e una sensazione di sicurezza nelle case e sulle strade a qualsiasi ora del giorno e della notte. Un punto in più, questo, con cui si presentano al mondo. Ma la tranquillità non basta: bisogna stupire.
Essere la <Città del futuro> è l'obiettivo dell'ambizioso progetto <Abu Dhabi 2030>. Una scadenza che la città si è data per diventare la prima capitale sostenibile del pianeta ma che comprende anche la realizzazione di una nuova skyline per la città e l'arrivo di due musei di importanza mondiale: il Louvre e il Guggenheim progettati, per la capitale degli Emirati, rispettivamente da Jean Nouvel e Frank Gehry. Un'iniezione d'arte dal costo di svariate centinaia di milioni: qui o si ha il massimo o niente. La Gioconda? Arriva. La Ferrari? Già in mostra in uno showroom secondo solo a quello di Maranello. La storia delle tribù locali non è abbastanza interessante? La tradizione della falconeria e delle corse dei cammelli non sono sufficientemente attraenti per chi investe? Poco male: con il petrolio si importano le eccellenze e la cultura altrui.
O si prendono anche solo in prestito, pronti a sostituirle se passano di moda.